LE WIND SCULPTURES DI GIUSEPPE LO SCHIAVO
Stavo guardando una serie di fotografie e performance artistiche, quando mi imbatto in un’immagine di “Wind sculptures” di Giuseppe Lo Schiavo e smetto di scorrere il mouse perché ho trovato la poesia, sospesa tra vento, natura e paesaggi mozzafiato che si combinano a un manto isotermico sviluppato dalla NASA. I suoi lavori sono stati esposti in tutto il mondo: dalla Saatchi Gallery di Londra, alla Aperture Foundation di New York passando per la Mixer Gallery di Istanbul e la Ingo Seufert Gallery di Monaco.
1 – Ciao Giuseppe, cos’è “Wind sculpures” e come ti è venuta questa idea?
L’utima serie Wind Sculptures nasce da una ricerca diversa dalle mie precedenti, per la prima volta entro anche spesso in scena nelle mie fotografie, nonostante coperto da una coperta termica che sorreggo. Una performance documentata con la fotografia. Utilizzando una coperta di emergenza dorata e grazie al supporto vento, creo delle sculture in movimento che riesco a sintetizzare e fermare nel tempo con all’aiuto di una camera ad alta velocità che controllo in remoto. Una collaborazione con la natura che mi permette di fissare nel tempo forme organiche grazie all’aiuto di una camera ad alta velocità. La coperta termica che ho utilizzato per questo progetto è la stessa usata dalla guardia costiera per soccorrere i migranti quando arrivano sulle nostre coste in quanto termoisolante. Per questo motivo per me questo splendido materiale dorato sviluppato dalla NASA nel 1968 per lo space program è anche un simbolo di salvezza e della generosità dell’uomo.
2 – Ho guardato il video “Wind Sculptures performance in Iceland” che inizia con la frase “Dear wind, please, take me to the meaning of life”: cosa ti ha insegnato e dove ti ha condotto il vento?
Le frasi iniziali fanno parte di un dialogo immaginario con la natura. Che ci può insegnare molto. Il vento in realtà non mi ha portato in qualche luogo di preciso, è un viaggio senza però destinazione, libero. Il mio Virgilio che mi presenta il mondo da lui scolpito.
3 – Cosa provi quando scappi dal cemento e dal traffico di Londra e ti immergi nella natura? Le location della tua performance sono spettacolari: come le scegli e dove hai scattato? C’è un luogo che porti nel cuore?
Diciamo che ritrovo il mio habitat naturale, nonostante siamo abbastanza corrotti da non accorgercene. Per il progetto Wind Sculptures cercavo luoghi selvaggi, poco contaminati dall’uomo come può essere il Glacier Paradice a 3900 metri d’altezza in Svizzera dove ho realizzato la foto sulla neve o Il Glacier Lagoon in Islanda, un ghiacciaio di acqua salata a sud dell’Isola. Sicuramente porto nel cuore l’Islanda, ci vado spesso, non esistono luoghi o architetture create dall’uomo al mondo che possano competere con gli scenari naturali che ho incontrato in quella terra.
4 – Si nota nelle tue fotografie una perfetta spazialità: che influenza hanno avuto la tua cultura umanistica e i tuoi studi di architettura nei lavori, soprattutto nella serie “Levitation”?
Io sono da sempre un grande appassionato dell’arte pittorica. Dai fiamminghi alle avanguardie storiche. Sicuramente la componente pittorica ha influenzato molto i miei lavori, nella serie Levitation c’è una grande ispirazione Magrittiana e surrealista in generale. Volevo giocare sul paradosso usando la fotografia, strumento espressivo con un fortissimo legame con la realtà, con un approccio surreale, legato più ad una visione immaginaria che reale.
5 – Del tuo portfolio mi ha colpito anche il progetto di still life “Proserpina” dove la purezza dei fiori è contaminata da oggetti iconografici contemporanei. Cosa rappresenta l’unione di queste sfere tanto distanti?
Sicuramente la società contemporanea. Tra sacro e profano. Amo molto i contrasti ed era mia intenzione creare un dialogo forzato e violento tra oggetti iconograficamente molto distanti tra loro. In quei contrasti vedo anche l’uomo, capace di creare e di distruggere.
6 – Dove ti piacerebbe esporre i tuoi lavori? Su cosa ti stai concentrando ora e quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Non ho un luogo in particolare. Mi piace sperimentare nuovi linguaggi e di invadere altri campi espressivi. Per esempio il 15 ottobre inauguro a Bologna la mia prima installazione, sarà un’opera sperimentale dove utilizzerò la coperta termica dorata per creare una “cascata” sulla facciata di un piccolo centro commerciale anni 70 un po’ in decadenza. Un’invasione temporanea di 250 metri quadri. E poi il 27 Ottobre parte la mia mostra personale alla Burning Giraffe Gallery al centro di Torino dove presenterò per la prima volta in Italia la serie Wind Sculptures, you are all welcome!
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